Le “Leggi” dell’amore: dalla deviazione del tempo alla libertà dell’Altro

Quali sono, in fondo, i due elementi – le due “Leggi” – che ci consentono di definire un sentimento d’amore? Che ci restituiscono la prova che quel sentimento, è un sentimento d’amore?

Una diversa forma del tempo

Nel temponella percezione diversificata del suo scorrere, possiamo rintracciare il primo dei due. È il tempo, in effetti, che dà la testimonianza più semplice e diretta di un amore; che ci consente di capire se siamo davvero immersi, calati in un amore. Ma cosa vuol dire più precisamente? Cosa intendiamo, quando diciamo che nell’amore vi è una “percezione diversificata” del tempo?

Semplicemente che in amore, il tempo, come l’acqua cambia forma. Quando siamo nell’amore, l’abituale interpretazione del tempo è annullata. Il suo flusso costante e monotono è interrotto; i minuti scorrono in modo nuovo, insolito, inedito. Ciò vuol dire che il tempo, è un tempo d’amore quando risulta essere un tempo-altro rispetto a quello degli orologi. Quando non si mischia con il lento ed inevitabile slittamento delle lancette da una tacchetta all’altra.

L’amore come tempo “folle”

Il tempo d’amore è un tempo dilatato, allargato, che arricchisce enormemente gli attimi dell’esistenza; così potente da farne ricordo. Il tempo dell’amore è un tempo “folle”, nel senso che non rispetta e non s’aggancia più ad alcun canone tradizionale. È in fondo la tesi di Freud, quando ne L’interpretazione dei sogni (1976) ci mostra come nel sogno sia sovvertita ogni logica e come tutti i codici conosciuti e usati per muoverci nel mondo – comprese le categorie dello spazio e del tempo – collassino.

È così anche nell’amore, dove i “soliti” riferimenti spariscono, e dove i due soggetti sono esposti ad un ignoto destabilizzante ma allo stesso tempo esaltante. Una dimensione personale, indecifrabile e protettiva, in cui si rende necessaria l’invenzione di un nuovo linguaggio, perché insufficienti risultano essere tutte le parole conosciute. L’amore, però, differisce dalla follia in senso stretto, in quanto porta con sé – almeno l’amore sano – una grande differenza: la riemersione degli amanti.

L’amore è rendere l’Altro libero

E qui arriviamo al secondo elemento – “Legge” – dell’amore: la libertà. Spesso, le persone tendono a confondere l’amore con il possesso. Come se l’amore, la sua prova, fosse un’identificazione senza scarto con l’Altro. Come se amare significasse fondersi totalmente con l’Altro; non lasciare più margini per la sua libertà.

Come se lo “stare in relazione” significasse l’annullamento, l’obliterazione, la cancellazione totale dell’Altro; la fusione tout court con lui/lei in una sorta di corpo unico. Le cose non stanno affatto così. In effetti, l’insoddisfazione e la frustrazione legate ad una relazione sentimentale, spesso derivano proprio da questo. Dal sentire che il Sé – il proprio Sé, e dunque il proprio desiderio – non c’è più. Che non c’è più spazio per quegli aspetti profondi e personali, che in fondo è giusto e sano che rimangano tali. Il tempo dell’amore non nega, dunque, non ostruisce il passaggio all’Altro-da-sé; all’Altro dall’amore. A ciò che è Altro da quell’amore. Tutt’altro. Ne annulla solo momentaneamente l’importanza, coltivando allo stesso tempo la separazione, il distacco, il silenzio, al fine di favorire un ritorno sempre inedito, potente e impreziosito dalla mancanza.

La difficoltà ad amare

Vivere l’amore secondo le sue “Leggi”, facendo del tempo un tempo-altro e, soprattutto, accettando la libertà dell’Altro, è ciò che consente alla coppia di respirare; di non fare della coppia, di quell’amore, di quella storia, il fine ultimo della vita dei suoi interpreti, bensì un valore aggiunto e prezioso dell’esistenza. Eppure, non è scontato vivere la relazione secondo questa modalità. Anzi, spesso si riscontra una difficoltà ad accettare proprio quest’ultimo punto: ovvero che l’Altro possiede una libertà su cui non abbiamo potere; che l’Altro è libero, anche di decidere di fare a meno di noi.

Tale difficoltà è ciò che può dar vita a quei movimenti di occlusione, pressione e schiacciamento dell’Altro e della relazione che potremmo racchiudere sotto il nome di “gelosia“: ovvero il timore più o meno fondato di perdere l’amato/a, solitamente – almeno nei casi più marcati – derivante dalla mancanza di una fiducia di base (Erikson E. H., 1968), che è la prima vera conquista dell’età evolutiva ed un elemento imprescindibile per lanciarsi positivamente nel mondo. D’altro canto, se l’acquisizione di tale fiducia è mancata nella prima infanzia, ciò non significa che la stessa sarà per sempre preclusa, dal momento che può essere comunque costruita, recuperata e/o rinsaldata attraverso una relazione terapeutica, che aiuti nel lavoro di revisione dell’immagine distorta sia di sé che dell’Altro, con la conseguente immissione di nuovi pensieri e comportamenti, più sani e funzionali.

Ricapitolando…

Ricapitolando, potremmo rintracciare nell’amore – sano – un doppio movimento: un’oscillazione che tocca in un primo tempo la chiusura al mondo degli amanti – la loro caduta nella “follia” – e nel secondo la loro ricomparsa nello stesso. E dunque, se da un lato il movimento dell’amore implica la fuoriuscita dal mondo e l’ingresso in un’altra dimensione, fatta di codici del tutto differenti, lontani e refrattari ad ogni prosaicità, dall’altro è altresì la possibilità di ritornare nel mondo, dando vita ad un desiderio che è soggettivo e che non deve confondersi con quello dell’Altro: perché amore, è anche desiderio che l’Altro realizzi il suo desiderio.

Desiderio di “rendere la vita dell’altro più bella e più piacevole” (Orgler H., 1970, p. 89). Purtroppo, come abbiamo visto, le cose non sempre vanno in questo modo. E spesso, si tende a confondere l’amore con il possesso dell’Altro. Come se l’Altro ci appartenesse; come se l’Altro fosse un oggetto nelle nostre mani. Queste altro non sono che visioni distorte e disfunzionali della relazione, che poco – se non nulla – hanno a che fare con l’amore. Infatti, come ricorda splendidamente Alfred Adler: “L’amore vero, esente da ogni tendenza nevrotica, sarebbe quello nel quale ciascuno dei due amanti permetta che l’altro affermi in pieno la sua personalità, anzi, se necessario, lo aiuti in questo senso” (Adler A., 1950, p. 133).

Bibliografia

  • Adler A., [1912], Il temperamento nervoso, tr. it Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma, 1950.
  • Erikson E. H., [1950], Infanzia e società, tr. it Armando, Roma, 1968.
  • Freud S., [1899], L’interpretazione dei sogni, tr. it Newton Compton Editori, Roma, 1976.
  • Orgler H. [1956], Alfred Adler e la sua opera. Il trionfo sul complesso di inferiorità, tr.it Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma, 1970.